NEW!! OPENING – TRIENNALE DI MILANO E FURLA SERIES PRESENTANO : FURLA SERIES #02 HAEGUE YANG: TIGHTROPE WALKING AND ITS WORDLESS SHADOW – DAL 7 SETTEMBRE 2018 – INAUGURAZIONE GIOVEDI’ 6 SETTEMBRE ORE 19

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Dress Vehicles, installation view The Tanks: Art in Action, Tate Modern, London, 2012. Photo Studio Haegue Yang
FURLA SERIES #02
HAEGUE YANG: TIGHTROPE WALKING AND ITS WORDLESS SHADOW

a cura di Bruna Roccasalva

promossa da Fondazione Furla e dalla Triennale di Milano
Triennale di Milano
7 settembre – 4 novembre 2018
Inaugurazione: giovedì 6 settembre 2018, ore 19.00
In occasione dell’inaugurazione, alle ore 19.30
Encountering Isang Yun, concerto con musiche di Isang Yun
con Fabio Bagnoli (oboe) e Francesco Dillon (violoncello)
 
La Triennale di Milano e Fondazione Furla presentano Haegue Yang: Tightrope Walking and Its Wordless Shadow, una mostra a cura di Bruna Roccasalva, promossa da Fondazione Furla e dalla Triennale di Milano.
Prima mostra personale di Haegue Yang in un’istituzione italiana, Tightrope Walking and Its Wordless Shadow raccoglie la vasta gamma di mezzi espressivi che contraddistinguono la sua pratica: dal collage al video, dalle sculture performative alle grandi installazioni. L’estrema varietà dei riferimenti e delle visioni prodotte, che si muovono su una sottile linea tra l’indagine sociale e la storia, tra il vissuto personale e la memoria collettiva, genera percorsi immaginifici di grande potenza evocativa in cui oggetti, persone e luoghi sono inestricabilmente interconnessi.
Tightrope Walking and Its Wordless Shadow si articola in tre ambienti che attraverso la combinazione di lavori iconici e nuove ambiziose produzioni – che rappresentano nodi cruciali nella produzione dell’artista dal 2000 a oggi – restituisce gli elementi ricorrenti nel suo lavoro: l’interesse per l’astrazione e la geometria; il movimento e la performatività; la relazione tra “piegare” e “dispiegare”, che l’artista esplora come pratiche interconnesse. Al centro c’è la sua ricerca dell’“inesprimibile”: l’urgenza di creare un linguaggio la cui potenzialità è come la camminata di un funambolo, in cui ogni movimento è molto più che dinamico, è carico di una tensione che evoca emozioni e percezioni.
Aprono il percorso due lavori esposti raramente in passato ma considerati seminali: 134.9 m³ (2000-2018) e 81 m² (2002-2018), appartenenti rispettivamente alle serie Thread Installations e Chalk Line Drawings
134.9 m³ è una barriera quasi invisibile costituita da fili di cotone rosso – tesi tra due pareti a intervalli di 10 cm e con l’impercettibile inclinazione di un grado – che isola un angolo della sala precludendone l’accesso. Il tracciato sembra proseguire sul muro retrostante con 81 m²: una sequenza di linee rette disegnate a gesso rosso che si confondono con i fili, creando un effetto ottico di sottile movimento.
Thread Installations e Chalk Line Drawings, che prendono di volta in volta il titolo dalla misura dello spazio occupato, sono tra le prime opere di natura installativa realizzate da Yang e contengono in nuce aspetti centrali di tutta la sua produzione successiva: dall’interesse per la geometria all’impiego di materiali d’uso comune, fino all’attitudine ad articolare una spazialità ambivalente, concettuale e percettiva, accessibile e inaccessibile allo stesso tempo.
All’interno della porzione di spazio delimitata da queste due installazioni, si intravvede un altro dei primi lavori dell’artista, Science of Communication #1 – A Study on How to Make Myself Understood (2000), che testimonia il suo continuo e faticoso confronto con le problematiche del linguaggio all’interno dei processi di integrazione culturale e sociale. Il testo inizialmente scritto da Yang come flusso di riflessioni personali in una commistione indecifrabile di lingue è stato successivamente editato, tradotto in inglese e restituito in forma comprensibile da un traduttore professionista. L’artista muove dalla propria vicenda biografica – si è trasferita nel 1999 in Germania dalla nativa Corea per completare gli studi universitari a Francoforte – e dalla difficoltà incontrata quotidianamente nel tradurre il proprio pensiero in una lingua straniera.
La necessità della mediazione altrui per realizzare quest’opera esprime l’insicurezza e la vulnerabilità dell’artista, ampliando allo stesso tempo la riflessione alla più generale difficoltà, se non impossibilità, di comunicare se stessi attraverso il linguaggio.
Questo sentimento di incomunicabilità echeggia anche in Mirror Series – Back (2006), uno specchio ovale appeso con la superficie riflettente rivolta verso la parete, come a dare le spalle allo spettatore e al mondo, con un gesto di negazione cosciente e di rifiuto attivo di un ruolo prestabilito e convenzionale. L’opera fa parte di un gruppo di sei lavori (Mirror Series, 2006-2007) in cui l’artista indaga diversi modi attraverso cui uno specchio può venire meno alla funzione di riflettere l’immagine di fronte a sé. Mirror Series esemplifica anche il peculiare approccio alla figurazione di Yang, che nei suoi lavori allude alla figura umana senza mai rappresentarla direttamente o, come in questo caso, evocandone l’assenza.
Dalle “barriere permeabili e trasparenti” di 134.9 m³ si passa a Cittadella (2011), una monumentale installazione composta da 176 tende veneziane che occupa lo spazio centrale della mostra: un ambiente multisensoriale fatto di complesse strutture modulari, attraversate dai visitatori che si muovono al suo interno e da una coreografia ipnotica di luci, mentre diversi profumi si diffondono nello spazio alludendo a un “altrove”. Il titolo Cittadella rimanda a una fortificazione impenetrabile ma l’esclusività di questa architettura è parzialmente illusoria. Le pareti di tende attraversate dai fasci di luce si rivelano permeabili allo sguardo, e i passaggi che si aprono nella geometria esterna della struttura invitano lo spettatore ad addentrarsi e attraversarla. 
Da questo suggestivo e immersivo percorso si passa a un altro ambiente, una sorta di sala da ballo sulle cui pareti si dispiega un intervento simile a un murales appartenente alla serie in continua evoluzione dei Trustworthies (iniziata nel 2010). In questo importante ciclo di opere Yang combina diversi materiali grafici: buste con pattern stampati, la sua personalissima rielaborazione della carta millimetrata (Grid Blocs, iniziata nel 2000), vinili riflettenti, immagini di dispositivi tecnici e motivi naturalistici. La serie nasce con la casuale scoperta da parte dell’artista dell’affascinante varietà dei pattern della carta di sicurezza, la stampa usata per l’interno delle buste di documenti con la funzione di proteggere la natura confidenziale del loro contenuto. Mettendo in luce le possibilità estetiche di questi pattern, Yang li usa per creare dei collage: inizialmente paesaggi astratti composti da semplici linee orizzontali, che nel tempo assumono composizioni sempre più complesse – onde, rifrazioni, mulini a vento, composizioni a x, intrecci, caleidoscopi – e incorporano materiali eterogenei come carta da origami, carta vetrata, carta olografica, carta millimetrata, fino a uscire dai confini delle cornici per occupare l’intera parete. Negli interventi più recenti, come quello in mostra, i Trustworthies sono diventati per l’artista uno strumento per creare complesse ambientazioni che ospitano lavori scultorei.
Le figurazioni immaginifiche che si dispiegano lungo le pareti della sala fanno da cornice alla “danza” di due sculture performative della serie Dress Vehicles (inziata nel 2011) prodotte per l’occasione.
Ispirati a forme e concezioni diverse di danza, come le Danze Sacre dello spiritualista russo Georges I. Gurdjieff e i costumi geometrici dei Triadic Ballet (1922) di Oskar Schlemmer, i Sonic Dress Vehicles presentati in mostra, sono pensati dall’artista per “vestire” il pubblico e, come “maschere”, dare a chi le indossa una diversa identità, rivelando allusioni ai travestimenti delle drag queen, alle danze tradizionali con le maschere e al teatro delle marionette. 
Per Yang la danza è qualcosa di più di un genere, è una forma complessa di espressione, in cui impulsi fisici, socio-politici, spirituali e ritualistici convergono. I suoi Dress Vehicles non consentono molta libertà di movimento: secondo l’artista infatti è nel semplice esercizio di spingere queste gigantesche strutture che si può sentire il “peso” della danza, avere la sensazione di essere “sovrastati” da questi splendidi costumi o, al contrario, “emancipati” dalla possibilità di muoverli nello spazio. Corpi ibridi in cui architettura, scultura e performance si fondono, i Sonic Dress Vehicles sono anche una sintesi perfetta della sfaccettata natura del lavoro di Yang che la mostra racconta. 
Dall’approccio minimalista che contraddistingue la prima sala all’esuberanza fastosa dell’ultimo ambiente, il percorso espositivo riflette gli estremi tra cui si muove la sperimentazione continua di Haegue Yang, in cui l’incontro casuale con un oggetto o un materiale può generare forme, emozioni e narrazioni inaspettate e dove la negazione di conoscenze acquisite coincide sempre con l’apertura di nuove prospettive. 
Encountering Isang Yun 
Durante l’inaugurazione si svolgerà nelle sale della mostra il concerto Encountering Isang Yun, dedicato all’opera del compositore coreano Isang Yun (1917-1995), in cui sarà presentata una selezione delle sue composizioni per oboe e violoncello: Ost-West-Miniatur I (1994); Piri (1971); Glissées (1970); Ost-West-Miniatur II (1994).
Catalogo
In occasione della mostra sarà pubblicata l’antologia Haegue Yang: Tightrope Walking and Its Wordless Shadow, curata da Bruna Roccasalva ed edita da Skira editore.
Il volume, in edizione bilingue (inglese/italiano), raccoglie una selezione delle interviste e dei saggi più significativi sul lavoro dell’artista dal 2006 al 2018 ed è corredato da un ricco apparato iconografico con opere storiche e documentazione dei lavori in mostra. 
  
Haegue Yang: Tightrope Walking and Its Wordless Shadow 
a cura di Bruna Roccasalva
7 settembre – 4 novembre 2018
Triennale di Milano
Triennale di Milano – Ufficio Comunicazione e Relazioni Media
Alessandra Montecchi e Micol Biassoni
T. +39 02 72434247
press@triennale.org
Triennale di Milano
Viale Alemagna 6
20121 Milano
T. +39 02 724341
www.triennale.org
 
FURLA SERIES #02
HAEGUE YANG: TIGHTROPE WALKING AND ITS WORDLESS SHADOW

curated by Bruna Roccasalva

organized by Fondazione Furla and La Triennale di Milano
Triennale di Milano
September 7 – November 4, 2018
Opening: Thursday, September 6, 7 pm
During the opening, at 7.30 pm 
Encountering Isang Yun, a concert of Isang Yun’s music
performed by Fabio Bagnoli (oboe) and Francesco Dillon (cello)
 
La Triennale di Milano and Fondazione Furla are pleased to present Haegue Yang: Tightrope Walking and Its Wordless Shadow, an exhibition curated by Bruna Roccasalva and organized by Fondazione Furla and La Triennale di Milano.
  
Tightrope Walking and Its Wordless Shadow, which marks Yang’s first institutional solo show in Italy, will explore the vast array of media employed by the artist, ranging from paper collage, video essays, and performative sculptures to large-scale installations. Yang’s spectrum of allusions and visions walks a thin line between social inquiry and history, personal life and collective memory, yielding imagery and experiences of enormous evocative power, in which objects, figures, and places are inextricably linked.
Tightrope Walking and Its Wordless Shadow unfolds through three rooms where landmark works are combined with ambitious new commissions to highlight recurring themes in the artist’s career: abstraction and geometry, movement and performativity, and the interlocked dynamics of folding and unfolding. Yang explores all of these as interwoven entities in a selection of pieces that represent key stages in her oeuvre, from 2000 up to her most recent works. It also points to her deep engagement with the unspoken: the urge to create a language whose potentiality is like a tightrope walk, where each move is powerfully dynamic and charged with both emotional and perceptual tension. 
Ushering us into the show, the first room introduces two subtle and sensitive installations: Thread Installation, 134.9 m³ (2000-2018) and Chalk Line Drawing, 81 m² (2002-2018). Though rarely shown, these series are regarded as seminal. 134.9 m³ is an almost invisible barrier of red cotton thread—stretched between two walls at ten-centimeter intervals and imperceptibly slanted at an angle of exactly one degree—which isolate and block off one corner of the room. Their pattern seems to continue on the walls behind them in 81 m²: a sequence of straight lines drawn in red chalk, which visually merge with the threads, creating an optical effect of subtle movement.
The series Thread Installations and Chalk Line Drawings are always titled with the surface area or volume of space that they occupy in a given presentation. They are considered to contain the seed of aspects central to her later work: from her interest in geometry and her use of everyday materials, to her penchant for creating an ambivalent space between the conceptual and the perceptual, while simultaneously oscillating between the accessible and inaccessible. 
Locked within the space marked off by these two installations is another of the artist’s early works, Science of Communication #1 – A Study on How to Make Myself Understood (2000), on a single sheet of A3 paper, which addresses the artist’s lasting concerns and struggle with language in the sphere of cultural and social integration. Her incomprehensible notes, in a mixture of various languages, were subsequently edited and translated into English by a professional translator. The original version, which was born as a string of unintelligible personal thoughts, unfit to be shared, was eventually put into fathomable form. Here, the artist’s biography plays a role—in 1994 she moved to Germany from her native Korea to study in Frankfurt, and the impediments faced in expressing her mind or thoughts in a foreign language became a severe struggle on a daily basis. The processes involved in Science of Communication #1 – A Study on How to Make Myself Understood, with their mediation of the other, express the artist’s inability, dependency, and vulnerability. The piece extends this reflection to include the greater difficulty, or even impossibility, of conveying one’s inner life through language.
This sense of incommunicability also echoes through Mirror Series – Back (2006), an oval mirror hung with its reflective side to the wall, as if turning its back on the viewer and removing itself from the world. It hints at the conscious negation of a given role, and an active refusal of conventional modes of behavior. Mirror Series – Back belongs to a group of six works (Mirror Series, 2006-2007). Each of them explores a polite rejection of the expected function of reflecting what is in front of it. Mirror Series exemplifies Yang’s evident approach to figuration: her works allude to the human figure without ever directly portraying it—sometimes, as in this case, by pointing to its absence.
From the “permeable and transparent barrier” of 134.9 m³, we move on to Cittadella (2011), the monumental installation of 176 venetian blinds that constitutes the deep yet penetrable center of the exhibition. Visitors move through this multisensory environment of intricate modular structures accompanied by a hypnotizing choreography of light, while various scents that allude to an “elsewhere” drift through the space. The title (“Citadel”) evokes an impenetrable fortress, but the inviolable nature of this structure is in fact a partial illusion. Its walls, made of slats with rays of light seeping through them, are permeable to the gaze, and the openings in the geometrical outline of the structure invite viewers to walk into and through it. 
After this evocative, immersive, dim environment comes a large, bright, open space that feels like a ballroom, its walls ornamented by a mural-like piece from the ever-evolving graphic series Trustworthies (ongoing since 2010). In the artist’s major work cycle, Yang combines different graphic materials, such as patterned envelopes, her own custom-printed graph paper (Grid Blocs, ongoing since 2000), motifs of technical devices and natural imagery, as well as reflective vinyl film. The series originated with the artist’s chance discovery of the amazing variety of the security patterns printed inside envelopes to keep their contents confidential. Focusing on the aesthetic potential of these patterns, Yang began collaging them into geometric compositions: abstract landscapes of simple horizontal lines, at first, which over time have grown into increasingly complex compositions—waves, refractions, windmills, x-shaped or interwoven forms, and kaleidoscopes—incorporating a wide range of materials, like origami paper, sandpaper, holographic paper, and graph paper, even emerging from their frames to cover the entire wall, as in the piece on view. Today, Trustworthies has become a tool for Yang to create a complex environment for sculptural works. Similar to her collaborative wallpaper series, Trustworthies modifies the surrounding walls to transform a space into a place in which the full habitus of things can unfold. 
The fanciful figures and narratives that unfold across the walls of the room serve as a backdrop for the “dance” of two newly conceived performative sculptures from the Dress Vehicles series (ongoing since 2011). Inspired by various forms and notions of dance, such as the Sacred Dances of the Russian spiritualist G. I. Gurdjieff, and the geometric costumes of Oskar Schlemmer’s Triadic Ballet (1922), these Sonic Dress Vehicles are meant to “dress” performers like “masks,” granting or obscuring an identity, as Yang also often references drag queens, various traditional mask dances, and puppet theater.
Meanwhile, dance seems like more than a genre to Yang. It is a complex form of expression, in which physical, spiritual/ritualistic, and socio-political impulses become synchronized, even though Dress Vehicle doesn’t allow any spectacular freedom of movement. In fact, Yang believes that in the very simple exercise of pushing this gigantic structure around, one may feel the very “weight” of dance: in other words, be “burdened” by this splendid costume yet eventually also feel empowered by carrying it around. As hybrids that blend architecture, sculpture, and performance, Sonic Dress Vehicles seem to sum up the multifaceted nature of Yang’s oeuvre that is so evident in this exhibition.
From the minimalist approach of the first room to the lush exuberance of the last, the exhibition reflects the different extremes that are touched by Yang’s ongoing process of experimentation, where chance encounters with an object or material are prone to generate unexpected forms, emotions, and narratives, and where the rejection of entrenched ideas always opens up new perspectives.
Encountering Isang Yun 
The exhibition opening will also include the concert Encountering Isang Yun. Dedicated to the music of the Korean-born composer Isang Yun (1917-1995), it will feature a selection of his works for oboe and cello: Ost-West-Miniatur I (1994); Piri (1971); Glissées (1970), and Ost-West-Miniatur II (1994).
Publication 
Edited by Bruna Roccasalva and published by Skira, a fully illustrated anthology has been conceived in bilingual edition (English/Italian), in conjunction with this exhibition. The anthology includes a total of 14 of the most significant essays and in-depth interviews on the artist’s work from 2006 to 2018, and features a large selection of images of landmark pieces and works on display. The book will be available under the same title as this exhibition, Haegue Yang: Tightrope Walking and Its Wordless Shadow.
Haegue Yang: Tightrope Walking and Its Wordless Shadow
Curated by Bruna Roccasalva
September 7 – November 4, 2018
Triennale di Milano
Triennale di Milano – Institutional Communication and Media Relations
Alessandra Montecchi and Micol Biassoni
T. +39 02 72434247
press@triennale.org
Triennale di Milano
Viale Alemagna 6
20121 Milano
T. +39 02 724341
www.triennale.org
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Paola Pizzighini

Sono Avvocato Giuslavorista con 10 anni di esperienza nei più affermati studi legali Milanesi a cui è seguita una lunga esperienza in Confindustria in cui ho potuto sviluppare le mie capacità relazionali ed empatiche nelle relazioni industriali e istituzionali.

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