TORNABUONI ARTE
EMILIO ISGRÒ |
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Il terzo focus sul rapporto tra artisti e isolamento è dedicato all’artista italiano Emilio Isgrò. Artista concettuale, ma anche poeta, scrittore, sceneggiatore e regista, Isgrò è uno dei pionieri del linguaggio artistico del dopoguerra, riconosciuto internazionalmente per le sue cancellazioni.
Per rendere omaggio a Germano Celant, che ci ha lasciati tre settimane fa a causa del coronavirus, questo focus inizia con una celebrazione della lunga amicizia che ha legato Emilio Isgrò al critico genovese.
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“La cancellatura non è un azzeramento, ma mette in discussione la rappresentazione. È un gesto quasi rivelatore di una dialettica tra sopra e sotto, fuori e dentro, parola e immagine”.
Germano Celant
in Emilio Isgrò, Treccani, 2019
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Nel 2019 Gemano Celant ha curato una delle più importanti personali di Isgrò alla Fondazione Cini a Venezia. La mostra è stata un ampio riconoscimento del percorso creativo ed estetico dell’artista dagli anni ’60 ad oggi. In questa occasione, Celant ha curato anche una pubblicazione approfondita sull’opera di Isgrò, con la casa editrice Treccani.
Il video qui sotto è un messaggio che Emilio Isgrò ha registrato durante la sua quarantena, nel quale ricorda la sua relazione con Celant e parla dell’importanza di questa mostra e dell’eredità che il critico ha lasciato al mondo dell’arte.
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ISGRÒ E IL POTERE DELLA CANCELLATURA
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“Questa è la cancellatura. Una macchia che copre una parola, la separa dal mondo, la libera. Qual è questa parola? Qual è il sinonimo? Qual è la lingua? Nessuno può dirlo. Nessuno può saperlo. Io conoscevo questa parola, ma l’ho dimenticata. Sono più di vent’anni che pratico la cancellatura e la frequento con la passione di un monaco”.
Emilio Isgrò
in La cancellatura e altre soluzioni, ed. A. Fiz, Skira, Milan, 2007
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Emilio Isgrò © Valentina Tamborra 2016
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Emilio Isgrò iniziò a sperimentare le prime cancellature nel 1964, mentre lavorava come giornalista per il “Gazzettino” di Venezia. Lì cominciò a mettere in discussione le parole scritte e il loro rapporto con le immagini in un mondo caratterizzato dall’eccesso di informazioni.
Isgrò è il primo artista che ha usato la cancellazione come linguaggio di codici stilistici. Per altri artisti “cancellare è solo un episodio. Per Isgrò la cancellatura – anche quando non cancella – diventa poetica” Carolyn Christov-Bakargiev (Flash Art, n. 164 – 1991). Per l’artista la cancellatura ha un valore opposto a quello di distruzione o negazione. In effetti, cancellare è per Isgrò uno strumento per trasformare e svelare nuove possibilità, che simboleggia la libertà di espressione.
Parole e libri sono il cuore della pratica artistica di Isgrò. Tra i numerosi capolavori della letteratura mondiale su cui l’artista è intervenuto con le cancellazioni vi sono anche il Decameron scritto da Giovanni Boccaccio nel XIV secolo e I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, pubblicato nella versione definitiva nel 1840. In entrambe le opere, le vite dei personaggi sono capovolte dal terribile arrivo della peste, costringendoli ad un lungo isolamento.
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FOCUS SULL’OPERA : DECAMERON, 1967
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Decameron, 1967
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Applicando la cancellatura su enciclopedie, manoscritti, libri, mappe e anche pellicole cinematografiche, Isgrò ha reso questa pratica la pietra angolare di tutte le sue ricerche. Nel 1967 l’artista cancellò il Decameron, scritto da Boccaccio in dialetto fiorentino vernacolare e considerato uno dei maggiori capolavori della prima prosa italiana.
L’opera è composta da 100 storie raccontate da un gruppo di sette donne e tre giovani che si rifugiano in una villa isolata fuori Firenze per sfuggire alla Morte Nera, la pandemia più fatale mai registrata nella storia umana, che ebbe il suo picco in Europa a metà del 1300.
Le storie dei personaggi permettono di far rivivere le relazioni e i valori umani e sociali anche essi minacciati dalla peste. Questa situazione, molto simile a quella che il mondo sta vivendo oggi, esprime la concezione pre-umanistica di Boccaccio secondo la quale letteratura e cultura hanno il potere di ricostruire il mondo distrutto e corrotto.
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FOCUS SULL’OPERA : I PROMESSI SPOSI, 2016
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I Promessi Sposi (Quel ramo del lago di Como), 2016
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Studiando in maniera approfondita il capolavoro manzoniano, Emilio Isgrò svela l’opera I Promessi Sposi non erano due del 1967. L’artista ha voluto mostrare, come si evince dal titolo, come la storia di Renzo e Lucia non fosse legata solo ai due personaggi ma rappresentasse la condizione di tutta la nazione.
Nel 2016 l’artista decide di ristudiare I Promessi Sposi per l’elaborazione di una sua nuova opera. Questa volta la cancellatura diventa inconsueta. Isgrò alterna tra bianco e nero, a volte rivelando il testo sottostante grazie alla fluidità della vernice. Inoltre, la cancellatura non si limita più al solo testo ma pervade anche le illustrazioni realizzate dall’incisore Francesco Gonin.
Pensata appositamente per essere esposta nella casa di Manzoni a Milano, Isgrò ha quindi creato un’installazione chiamata I Promessi Sposi cancellati per venticinque lettori e dieci appestati, formata da 35 copie del romanzo, tutte aperte in una pagina specifica ed esposte in singole teche in plexiglass.
Come ha affermato il curatore Massimo Bazzini: “Isgrò elegge Manzoni a simbolo di un’unità nazionale, oggi più che mai necessaria nell’Italia che cambia con l’Europa e con il mondo. L’occhio dello scrittore (che emerge insieme alla mano dalle cancellature) ha osservato l’Italia per poi raccontarla nelle sue opere, ed è giusto che rimanga uno strumento prezioso e utile per interpretare anche il nostro tempo” (in Emilio Isgrò, catalogo della mostra, Forma Edizioni, Firenze, 2017, p.35).
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FOCUS SULL’OPERA : CORONAVIRUS CANCELLATO, 2020
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Coronavirus cancellato, 2020
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Nell’opera Coronavirus cancellato la parola è sola, isolata in uno sfondo neutro e asettico. La cancellatura, tuttavia, non copre interamente le lettere ma è frammentata in brevi segmenti irregolari che ci consentono di leggere la parole.
Come afferma l’artista: “Potrei dire che voglio mantenere la ‘corona’ per distruggere il ‘virus’. La corona d’alloro, infatti, è quella che un tempo veniva assegnata ai poeti più inquieti come Torquato Tasso, mentre il virus, probabilmente, è il virus della pazzia che accompagnò l’infelice poeta negli ultimi anni della sua vita“.
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Seppur con le dovute differenze con la situazione attuale, per molti artisti l’isolamento non è una pratica sconosciuta. Lei stesso in un video indirizzato a Roberto Casamonti ha recentemente affermato: “È nella solitudine che si crea, è nel silenzio che nasce la vita”. Come sta vivendo, in quanto artista, questo periodo di quarantena e di distanziamento sociale e in che modo questa condizione influisce sul suo lavoro e sulla vita di tutti i giorni?
Nel disastro generale, devo considerarmi fortunato, perché la solitudine (scelta o coatta) è la condizione nella quale ho sempre vissuto. In altri termini, ho praticato il distanziamento fin da giovane, a volte persino da me stesso… [Clicca qui per leggere l’intervista completa]
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Emilio Isgrò © Ferdinando Scianna, 1998
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“Amo raccontare una storiella che l’idea delle cancellature mi sia venuta osservando nella redazione del “Gazzettino” un dattiloscritto di Giovanni Comisso, zeppo di errori e correzioni. Un potente intrico dove le parole eliminate dal pennarello avevano più peso di quelle superstiti. Ma si tratta di una mezza bugia, perché erano anni che in realtà avevo un dubbio di natura filosofico-antropologica sulla capacità della parola umana di resistere all’urto della società mediatica che già si profilava minacciosa.”
Emilio Isgrò in conversation with Luca Massimo Barbero
in Emilio Isgrò, Forma, Florence, 2017, pp. 51-52
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